| Mi inserisco nella questione sui regolamenti edilizi con un contributo non da esperto per carità ma da semplice addetto ai lavori. Approfondisco come promesso le risposte date via twitter a Laura e Annalisa, ribadendo che purtroppo, salvo casi eccezionali, da prendere quale esempio virtuoso, i regolamenti edilizi di città e paesi italiani sono in gran parte inefficaci. Ecco perché: I R.E. sono per la maggior parte redatti sulla base di regolamenti edilizi standard regionali, in alcuni casi entrano nel dettaglio, nella percentuale maggiore li riprendono in toto. Quando entrano nel dettaglio lo fanno lasciando ampia discrezionalità, quando entrano ancor più nel dettaglio, gli articoli sono troppi, non vengono rispettati ed è anche molto difficile farli applicare e controllare che vengano rispettati. Quasi mai si entra nel merito delle tipicità locali, che purtroppo nel corso dei decenni passati sono andate in gran parte perdute. Molto spesso si fa gran confusione tra Regolamenti Edilizi, Norme tecniche di Attuazione dei Piani regolatori, Regolamenti d’igiene (anch’essi dipende dai casi, o risalenti a un secolo fa o basati su regolamenti tipo regionali) e Regolamenti di Polizia Municipale; tutta una serie di normative che entrano più o meno nel dettaglio, si sovrappongono e in alcuni casi si annullano. Sul fatto che i R.E. dovrebbero includere le norme pratiche di costruzione avrebbe ragione Laura. Ho risposto che solo in teoria è così perché, rimanendo alla nostra necessità primaria, la conservazione/valorizzazione della Bellezza dei centri abitati, esiste diffusamente un evidente vuoto normativo. I R.E. normano più che altro l’uso del centro abitato e delle abitazioni private e dei rapporti tra queste e le aree pubbliche, le caratteristiche tecniche delle abitazioni riguardo a illuminazione e dimensionamenti (ancor più approfondite nei Reg. d’igiene e nella Legge del 1975), normano inoltre nello specifico le pratiche edilizie, il funzionamento della commissione edilizia e quasi sempre sono stati superati in tal senso dalle incessanti novità in materia. Possono spingersi a stabilire caratteristiche generali dei fronti delle costruzioni, il mantenimento delle caratteristiche peculiari quali sporti, gronde, cornici, fasce marcapiano, infissi, lasciando comunque alla discrezionalità dell’ufficio tecnico o della commissione edilizia, la possibilità o meno di imporre misure più restrittive; possono spingersi a vietare le paraboliche sulle facciate, ad imporre certi tipi di insegne, a vietare l’uso di materiali non conformi alla tradizione locale. Fraseggio questo però piuttosto oscuro e molto labile. A volte, per la bontà di certe amministrazioni particolarmente attente, valutano anche l’ecosostenibilità, ecc. ma tralasciano altre parti importanti. Manca però il passaggio successivo ai R.E. e alle N.T.A. che ho sempre fin da subito fatto notare. Mancano i piani particolareggiati dei centri storici, che negli anni, a seguito della unanime condanna del “dirigismo” quale cattiva pratica amministrativa, sono stati nella maggior parte dei casi, lasciati nel dimenticatoio o mai attuati fino in fondo essenzialmente per mancanza di coraggio. Altre due cose da chiarire: una cosa sono i beni vincolati singoli che già soggiacciono a determinati vincoli e sono sotto la diretta sorveglianza della soprintendenza competente, altra il centro storico diffuso, sul quale c'è ancora molta confusione e libertà d'iniziativa, dovuta senz'altro al fatto che con troppi vincoli sarebbero ancora più disabitati di quanto lo sono oggi. Ultima cosa: avete parlato anche di periferie: teniamo presente che sulle periferie il discorso bellezza e cura dello spazio urbano, dal punto di vista normativo, NON è mai stato minimamente considerato, lasciandolo più che altro alla libera iniziativa di amministratori, tecnici e costruttori più o meno illuminati. Penso infine che il discorso Regolamenti Edilizi possa rientrare nel discorso centri storici in generale, da intendersi nella loro completezza. Vi farò domani o dopo alcuni esempi concreti per il dibattito.
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